ho aspettato qualche giorno per farlo, speravo veramente che qualcuno ci pensasse e usasse questo spazio per aggiungere qualche parola di cordoglio per le vite spezzatesi qualche giorno fa a torino, in una fabbrica dove per poter lavorare (e quindi vivere) dovevi fare almeno 4-5 ore di straordinario al giorno.
ho aspettato per cercare di vedere se qualcuno aveva almeno la voglia di unirsi a quelli che urlano da tempo immemore: basta morti sul lavoro, per sempre!
nessuno lo ha fatto, purtroppo, e questo non è un buon segno.
non lo è affatto.
di seguito metto un articolo trovato su un giornale che molti definiscono spazzatura (l'unità) ma che a me non dispiace troppo, al pari di molti altri meno schierati e forse più obbiettivi, ma non è questo in discussione ora, il punto in questo momento è un'altro:
Il pianto operaio
di Bruno Ugolini
Io sono un giornalista. Non rischio di vedere una porta Usb del computer che perde olio e di essere quindi avvolto dalle fiamme senza nemmeno un estintore a disposizione. Non rischio di morire bruciato vivo. Non sono un operaio. Sono un giornalista. Non farò la fine di Bruno, Roberto, Antonio, Angelo, i torinesi ultime vittime di un stillicidio quotidiano riservato agli operai.
Potrei continuare e dire: io sono un avvocato, io sono un notaio, io sono un manager, io sono un fruttivendolo, io sono un teleconduttore, io sono un parlamentare. È assai raro che qualcuno di tali stimati soggetti sociali entri nel proprio luogo di lavoro e ne esca racchiuso in una cassa funebre. Non sono operai.
L'Italia li scopre in televisione. Gad Lerner torna a visitarli. Eran giovani, i morti. Sono giovani quelli che ne parlano. Giovani moderni, persino con gli orecchini, come si usa ora. Lo stupore si diffonde. Non avevamo scritto che più nessun ragazzo italiano voleva fare l'operaio? Ma poi scopriamo un altra verità: sono quasi tutti figli di operai, non figli di teleconduttori, notai, manager.
Ma non erano loro che, come sostenevano grandi teorici, avrebbero dato l'assalto al cielo? Non dovevano dirigere tutto? Non dovevano cambiare il mondo? Ora al massimo, quando ci lasciano le penne, suscitano la tenerezza del capitalismo compassionevole. Nessuno li mette più al centro di un progetto, di un futuro diverso. Al massimo promettono un'aliquota fiscale più bassa. Non sono più classe, son sparpagliati, decentrati, scontrattati. Qualcuno li considera persi nella folla dei consumatori. Qualcuno preferisce corteggiare i più simpatici No Global.
Forse anche per questo vediamo i trentenni siderurgici a Torino in ginocchio accanto alle bare dei loro compagni. Forse piangono anche per questo. Per le speranze deluse. Perché non contano più nulla.
non è un bel quadro, quello dipinto dal bravo ugolini, non è un bel quadro e quel che rende tutto più orrendo, è che molti (per non dire tutti) di quei politici intervistati, non ha nemmeno provato a pensare:
ma se fosse toccato a mio figlio\padre?
da cosa lo deduco?
dal fatto che mentre parlavano davanti alla telecamera, tutti, nessuno escluso, ha avuto la dignità di abbassare lo sguardo vergognandosi un poco appena.
vergognarsi di sapere che il cannone fabbrica, o cantiere, o strada, o qualsiasi altro luogo di lavoro, chieda quotidianamente tanta di quella carne da far schifo, ma di non darsene affatto pena.....
the show must go on, business is business.
"... Non vogliate negar l'esperienza
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza"
Ulisse nell'inferno di Dante.